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Le domande più frequenti che riguardano le nostre terapie  

La molecola del THC contenuta nella pianta medicinale, si lega ai recettori cellulari chiamati CB1 e CB2 la cui attivazione è responsabile degli effetti psicoattivi ma anche di quelli antidolorifici, anti nausea e vomito, stimolanti l’appetito, e della diminuzione della pressione endoculare.

La molecola del CBD sembra non legarsi ai recettori CB1 e CB2 in quantità apprezzabile ma la sua attività riguarda un potenziale effetto sul sistema immunitario e dell’infiammazione , sull’analgesia e un non trascurabile effetto antiemeticoantipsicoticoantischemicoansiolitico e antiepilettico.

La cannabis è una pianta usata da millenni che contiene numerosissimi principi attivi non ancora del tutto conosciuti che le rendono ragione dei numerosissimi effetti terapeutici. Le sostanze contenute nel fitocomplesso che vengono utilizzate ai fini terapeutici, sono in particolare due: il THC è il CBD.

Il THC (tetraidrocannabinolo) è la molecola responsabile dell’effetto psicoattivo della sostanza e il CBD (cannabidiolo) che, pur avendo un ruolo importante e autonomo nella gestione dell’infiammazione, sembra modulare e prolungare l’effetto del THC.

Tutte le piante ad uso medicinale, provengono da una linea genetica costante e le procedure di coltivazione e il controllo dei contaminanti e inquinanti, seguono protocolli standardizzati. In commercio si trovano i seguenti tipi di preparati che presentano diverse percentuali dei due principi attivi:

  • Bedrocan: contiene circa il 22% di THC e meno dell’ 1% di CBD. Si tratta di una varietà importata dall’Olanda e per le sue caratteristiche, si usa maggiormente nelle patologie in cui è necessario supportare il SNC (disturbi del sonno, dolore neuropatico, nausea ecc)
  • Bediol: contiene un livello di THC pari a circa il 6,5% e un livello di CBD pari circa all’8%. Le sue caratteristiche trovano impiego sia per il dolore cronico che nelle malattie autoimmuni, le malattie infiammatorie intestinali, patologie reumatiche compresa la Fibromialgia.
  • Bedrolite: si tratta della varietà non psicoattiva, contiene 9% circa di CBD e meno dello 0,4% di THC. L’assenza di effetti psicoattivi sul SNC ne conferiscono particolare maneggevolezza e utilizzo nell’epilessia resistente a terapia o in tutti i pazienti in cui è controindicato l’uso del THC.
  • L’FM2 prodotta dallo stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze: contiene THC in percentuale tra il 5 e l’8% e CBD tra 7,5 e 12%.
  • FM1 prodotta dallo stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze: contiene THC in percentuale tra il 13 e il 20 % e CBD minore dell’1,0 %
     
  • Aurora 1/12: è l’ultima varietà uscita sul mercato, di importazione Canadese con THC minore dell’ 1,0 % e CBD in percentuale tra 8,0 e il 10 %
     
  • Pedanios 22/1 : con THC in percentuale compreso tra il 17 e il 26% e CBD minore del 1%.

Per quanto invece riguarda la Cannabis da strada, quella del mercato illecito, non conosciamo né la provenienza, né la metodica di coltivazione né tantomeno la percentuale dei principi attivi in essa contenuti.

In base al Decreto Ministeriale del 15 novembre 2015, è sancito che i soggetti in terapia dovrebbero essere esentati dalla guida di veicoli o dallo svolgimento di lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica, per almeno 24 ore dall’ultima somministrazione con cannabis per uso medico. Va considerato che tracce di cannabinoidi si possono trovare nelle urine anche a settimane di distanza dalla sospensione della terapia. La stessa regolamentazione vale per l’utilizzo di psicofarmaci ( tavor, xanax, halcion etc..).

Se un paziente in terapia con Cannabis deve rinnovare la patente o esegue un lavoro in cui è richiesta attenzione, l’uso terapeutico va riferito al medico competente (es. medico del lavoro).

Al momento, le forze dell’ordine preposte non controllano, come nel caso dell’ alcool, la concentrazione di altre sostanze (anfetamine, oppiacei, benzodiazepine ecc) nei fluidi corporei del conducente se non in caso di sinistro stradale per ordine dell’autorità giudiziaria. In quel caso i cannabinoidi possono essere ricercati e dosati (possono essere trovati nei liquidi corporei anche dopo un mese dalla sospensione dell’utilizzo degli stessi) ma non esiste scala di riferimento per cui si possa dire che una data concentrazione trovata nel sangue, corrisponda a specifici effetti responsabili dell’alterazione di coscienza che ha prodotto il sinistro stesso. Questo può essere un dato di interesse per le compagnie assicurative.

Anche per rinnovare il porto d’armi è necessario segnalare la terapia con Cannabis terapeutica al medico competente.

La Cannabis può essere somministrata in diverse modalità:

  1. La via inalatoria tramite fumo di sigaretta, frequente a scopo ludico, non è la più raccomandata. La combustione in generale comporta l’inalazione di sostanze tossiche e cancerogene come il monossido di carbonio e il catrame. Inoltre per le elevate temperature il 40% del THC viene degradato e non è possibile conoscere quanto del principio attivo del preparato, venga realmente assorbito dal paziente.
    Il vaporizzatore prevede la vaporizzazione ad alta temperatura dei principi attivi contenuti nelle infiorescenze tramite l’utilizzo di questo specifico apparecchio senza gli effetti nocivi dei prodotti della combustione. Purtroppo risulta essere un metodo costoso ma presenta il vantaggio di favorire l’assorbimento della sostanza in pochi minuti con una durata dell’effetto terapeutico di circa 3, 4 ore. Il suo utilizzo si consiglia nei pazienti con nausea, vomito, spasmi, emicrania.
  2. Via orale: decotto (infiorescenze libere, in cartine, in capsule apribili), olio, resina, tinture alcoliche e glicoliche, estratti in CO2, edibili o commestibili come burro di cannabis e biscotti.

La cannabis terapeutica funziona in associazione con gli altri farmaci agendo spesso da sinergico, cioè potenziando l’efficacia dell’effetto terapeutico di farmaci specifici ( esempio si riduce l’uso dei farmaci per il sonno, per il dolore, i cortisonici, ecc).

I nostri studi osservazionali ci spingono a continuare la ricerca sull’uso dei vari tipi di Cannabis, nelle seguenti patologie:

  • Fibromialgia e tutte le patologie di pertinenza reumatologica che implichino dolore cronico
  • Malattie neurologiche e non, che implichino stati di spasticità e dolore muscolare
  • Cefalee ed emicranie croniche resistenti a terapia convenzionale
  • Malattie infiammatorie intestinali ( colite ulcerosa, morbo di Crohn, celiachia, leaky)
  • TumoriÈ opportuno sottolineare sempre che non abbiamo studi scientifici comprovati sull’efficacia antitumorale della Cannabis. Della sostanza utilizziamo gli effetti anti emeti- ci, sull’aumento dell’appetito, sul miglioramento del tono dell’umore ,la qualità del sonno e le stomatiti che insorgono dopo chemio e radio terapia.

A seconda del tipo di Cannabis terapeutica impiegato dal medico sulla patologia da trattare, possono esserci degli effetti (in genere temporaneamente reversibili) diversi legati alla presenza della molecola del THC:

  1. Sensazione di lieve euforia che può essere descritta anche come lieve ansia o irritabilità ( sintomi condizionati anche dall’atteggiamento mentale con il quale si assume la sostanza) che può portare a brevi scatti di ira. Questi sintomi sono in genere descritti solo dai pazienti in terapia con Bedrocan (meno con Bediol) ma passano nel giro di una settimana, al massimo dopo una decina di giorni.
  2. Tachicardia, aumento della frequenza cardiaca (la cannabis terapeutica è sconsigliata nello scompenso cardiaco) reversibile in pochi giorni dall’inizio dell’assunzione.
  3. Vasodilatazione con diminuzione della pressione arteriosa: per questo effetto si consiglia, nei pazienti in terapia cronica con antipertensivi, di controllare i parametri pressori dopo qualche giorno dall’inizio della terapia;
  4. Iperemia congiuntivale (arrossamento oculare).

Gli altri effetti “avversi” della sostanza ( alterazione della risposta linfocitaria, riduzione della spermatogenesi, disturbi della memoria, basso peso alla nascita e disabilità per assunzione in gravidanza) sono descritti con l’uso della Cannabis da strada e non sono quindi necessariamente gli stessi dopo l’uso cronico della Cannabis terapeutica. Per capire questo occorrono studi seri e confrontabili di cui attualmente non disponiamo.

Nel caso di una iniziale assunzione di un quantitativo eccessivo di Cannabis ( con i dosaggi terapeutici da noi utilizzati, non è possibile incorrere in queste problematiche), è stata descritta una sindrome detta “morte bianca” o” bad trip”.
Si tratta di una condizione sgradevole, accompagnata da intenso malessere fisico (tachicardia, pallore, capogiri) e psichico con allucinazioni, disturbo di ansia, paura, sensazione di perdita del controllo reversibile spontaneamente nell’arco di mezza giornata.

Una overdose da Cannabis generalmente non causa danni e questi consigli possono aiutare a gestire la situazione:
1)  Cercare di rimanere calmi, tutto passerà nel giro di poco;
2)  Bere abbondantemente ma lentamente a piccoli sorsi cercando di evitare teina, caffeina e alcolici
3)  Tentare di dormire oppure riposarsi;
4)  Passeggiare se possibile e accompagnati;
5)  Fare una doccia e non un bagno;
6)  Distrarsi con attività piacevoli e rilassanti

La Cannabis terapeutica, per il suo effetto, se interrotta anche bruscamente, non determina una sindrome da astinenza di tipo fisico nel senso classico del termine. Per capire il concetto si può pensare allo stesso effetto dello stop brusco di assunzione di caffè che può de- terminare effetti più o meno fastidiosi a seconda della dose assunta.

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Dott. Paolo Poli – SIRCA – Primo Congresso Nazionale